Il Ministro rilancia il CupWeb, Apple e Amazon voglio fare un Cup Mondiale. Perché il CupMondiale non è nato a Bologna, dove il Cup è stato inventato?j

“Ho trasmesso alle Regioni il nuovo Piano Nazionale di Governo delle Liste di Attesa … aiuteremo i territori a potenziare i servizi di prenotazione implementando i Cup digitali” (ieri il Ministro Grillo)

http://www.salute.gov.it/portale/news/p3_2_1_1_1.jsp?lingua=italiano&menu=notizie&p=dalministero&id=3563

“Secondo i dati di recenti statistiche, le prenotazioni on line sono cresciute di più del 40% nell’ultimo anno, confermando che questa pratica è candidata a diventare il prossimo standard”. (Corriere delle Comunicazioni)

https://www.corrierecomunicazioni.it/pa-digitale/e-health/monitoraggio-del-paziente-e-prenotazione-dal-medico-direttamente-dallo-smartphone/

Il Ministero della Saluta scopre e rilancia l’importanza del CupWeb. Da almeno due anni i grandi del web – in particolare Apple con il suo HealthKit, ma anche Amazon – stanno studiando il lancio di un Cup Mondiale per prenotare visite specialistiche personalizzate. Il 2919 potrebbe essere l’anno della svolta.

Avete letto bene, un ‘Cup’. È risaputo che il Cup è nato a Bologna il 1 gennaio 1990, poi, in epoca di internet, e sempre a Bologna per iniziativa di Cup2000 spa, è sorto il primo CupWeb metropolitano. Era il 1999.

Il primo Cup metropolitano – primo in assoluto a livello mondiale, copiato dagli inglesi con il ‘Choose & Book’ qualche anno dopo: collaborammo a questo progetto con la postazione tecnologica di Birmingham – permetteva un’ampia personalizzazione delle prenotazioni on line offrendo al cittadino quattro possibili di prenotare una visita specialistica o un esame diagnostico: nel SSN, nella sanità privata accreditata o convenzionata, in libera professione intramoenia, nella sanità privata a pagamento.

Permetteva inoltre di scegliere il medico e di controllare via web i tempi di attesa real time, senza filtri. Ad esempio: quanto devo attendere, oggi, in questo preciso momento, per fare una visita oculistica all’ospedale Sant’Orsola-Malpighi di Bologna?

Negli anni successivi la regione ci chiese di limitare queste personalizzazioni in cambio di un rafforzamento del sistema con maggiori agende mediche on line e l’estensione del Cup Metropolitano bolognese a Imola, Ferrara e Modena. Oggi il CupM resta comunque uno dei migliori sistemi di prenotazione on line a livello europeo, anche se questa consapevolezza non sempre è presente in chi amministra, ai vari livelli, la sanità.

Molti dei Cup italiani (Torino, Milano, Napoli, Genova, Firenze, ecc.) sono nati come spin off del Cup bolognese. Inoltre dal Cup, in Emilia Romagna è nato il FSE a partire dal 2002.

Le domande che mi pongo sono però altre. Soprattutto oggi, 31.12. 2018, l’ultimo giorno di vita della società Cup2000 che da domani sarà fusa in Lepida spa, società regionale di telecomunicazioni.

Perché una innovazione così potente, per altro trasferita sul Web già all’inizio dei tempi di Internet – grazie all’’apporto teorico della scuola bolognese di Achille Ardigò, quando Google e Apple erano ancora nel famoso ‘garage’ di San Francisco – non ha conquistato il mondo? Perché Bologna non è diventata la Cupertino dell’eHealth e dell’eWelfare on line e oggi dobbiamo scoprire che il Cup mondiale verrà lanciato da Amazon e Apple?

Ho fatto queste domande, oltre che a me stesso, ad alcuni amici e collaboratori che hanno lavorato con me o mi hanno sostenuto fin dai tempi di Ardigò e del primo Cup. Le risposte, che ho avuto sono duplici:

1 Perché eravamo a In Emilia Romagna, in Italia e non in California.

2 Perché Cup2000 era di proprietà pubblica e non privata.

La seconda obiezione non è pertinente, perché anche Brin e Page, fondatori di Google, sono partiti con una start up supportata dall’Università di Stanford che ha fatto da incubatore ‘pubblico’.

Sulla prima obiezione vale la pena riflettere senza polemiche o rancori. Con oggettività. Effettivamente è difficile nelle nostre realtà locali far decollare un’innovazione a livello globale. C’è una forte resistenza burocratica che proviene dal contesto pubblico e anche da assetti culturali, politici, economici, accademici, finanziari che certamente non aiutano l’innovazione. In altre parole, qui Page e Brin sarebbero restati nel loro ‘garage’.

È molto faticoso e a volte impossibile trasferire un’innovazione nata da un un incubatore pubblico (come è stato per Cup2000, ma si potrebbero fare altri esempi) in un vettore economico di successo, in particolare sul web.

La domanda che con sincerità e senza interessi di parte ci si deve porre – nell’interesse soprattutto dei nostri giovani che voglio sperimentare idee innovative in campo digitale e in particolare nell’ eWelfare – è come rimuovere questi ostacoli, non avendo paura di copiare dagli altri, dalla Silicon Valley o dal Distretto Digitale di Berlino, da Israele, ma anche di rimuovere qualche ‘incrostazione’ locale.

La Scuola Achille Ardigò per lo studio del Welfare di Comunità e dell’eWelfare – un progetto del Comune di Bologna concepito con l’Associazione Achille Ardigò – cercherà, già nel corso del 2019, di rispondere anche a queste domande.

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