Gartner e Assinter Italia discutono dell’Italia dematerializzata e digitalizzata

Ho partecipato venerdì ad un interessante confronto tra gli analisti di Gartner – la multinazionale leader mondiale nella consulenza strategica, ricerca e analisi nel campo dell’Information Technology con oltre 60.000 clienti – e Assinter Italia, l’associazione che raggruppa le società in house delle Regioni italiani.
Il tema – introdotto da Dale Kutnick, CIO Strategy, Gartner – era ‘Top Ten Technologies in the Public Sector’: i principali trend tecnologici e i loro effetti sulla Pubblica Amministrazione, ovvero come il mondo digitale può trasformare la Pubblica Amministrazione al suo interno e nel rapporto con i cittadini, gli Enti e le imprese.
Presenti tra gli altri Giovanni Vetritto, DG del dipartimento Affari Regionali; Donato Todisco, AD dell’ANCI DATA, Giuseppe Cardinale Ciccotti, direttore Infrastruttura INAIL; Clara Fantoni e Luca Rigoni , rispettivamente Presidente e segretario di Assinter,
Il confronto era impegnativo anche perché l’introduzione di Kutnick era stata preceduta da un sostanzioso e mediatico intervento di uno dei massimi guru mondiali del settore: Peter Sondergaard, vice presidente senior di Gartner e responsabile globale di Gartner Research. Quindi da una autorità mondiale della materia.
Il confronto italo-americano era iniziato seguendo uno schema classico: gli analisti americani ci spiegano l’evoluzione prossima del rapporto Internet- economia ( Next Economy) e noi ci lamentiamo dei ritardi e delle innumerevoli disfunzioni dell’itaglietta. Così si è sempre fatto.
Questo schema è semplicemente demenziale, perché non porta da nessuna parte. Se non abbiamo fiducia nelle capacità ideative e produttive nazionali, nella possibilità di ‘Sbloccare l’Italia’ ( ma questa espressione renziana sottende che le capacità e le potenzialità, come le realizzazioni, ci siano!) allora possiamo evitare di perdere tempo ai convegni internazionali.
Forte del lungo lavoro analitico che avevo appena concluso con il mio ultimo libro pubblicato dal Pensiero Scientifico Editore (La sanità dematerializzata), ho gettato il sasso: l’Italia non è nelle tecnologie ICT un paese arretrato. Siamo stati i primi in Europa a realizzare il Personal Health Record, il Fascicolo Sanitario Elettronico del Cittadino. La nostra industria elettronica nazionale è tutt’altro che di secondo livello. Nella sanità e l’elettronica, anche grazie ad alcune aziend ‘in house’ regionali, siamo leader europei. Nelle soluzioni di interoperabilità, cioè nell’informatica sanitaria di generazione Internet, le industrie italiane del mercato sono leader mondiali e gli americani – che sono ben lontani dall’aver realizzato il Personal Health Record del cittadino – comprano da noi. La legge italiana sul Il FSE è una delle migliori d’Europa e il modello e-Health a soluzioni distribuite e interoperabili, che stiamo realizzando, interessa tantissimi paesi nel mondo, dal Sud Africa alla Cina. Ci manca la forza e la capacità di mettere tutto ciò a sistema, di valorizzare un patrimonio di realizzazioni e conoscenze industriali, di proiettarlo sui mercati globali.
Così impostato, con il contributo anche dei dirigenti di Assinter,il confronto ha dato ben altri frutti.
Gli analisti di Gartner ci ricordano che ormai Internet è la modalità globale della produzione, anche nei servizi. Qui è evidente il ritardo della nostra burocrazia pubblica e sanitaria che continua a non comprendere questo scenario culturale. Ma questo nuovo modo di produrre servizi e assistenza dovrà servirsi delle tecnologie della Rete non soltanto per avere ‘ più informarziini’ (un prodotto e un servizio nascono dalle informazioni, la tecnologia trasforma le informazioni che provengono dalle emozioni e dai bisogni della gente in prodotti..) ma per condividerle alla velocità dei bit, della luce, tra produttori (professionisti, medici) e cittadini – utenti.
Qui sta il vero salto innovativo.

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