Case della Salute. Cambio di paradigma in sanità? Forse.

Oggi presso la Sala Avis delll’Ospedale Maggiore di Bologna si è svolto bel incontro sulle Case della Salute, presenti tra gli altri, Franco Riboldi, Luca Rizzo Nervo e i vertici della sanità dell’Emilia Romagna assieme a numerose organizzazioni del cosiddetto Terzo Settore. Uno bella iniziativa di studio e di confronto. 

A mio parere si possono individuare quattro modelli (a confronto) di diversa matrice culturale, che poi nella realtà delle singole esperienze tendono ad integrarsi:

1 quello solidaristico, di comunità e di volontariato, ‘cattolico-lombardo’ ( modello Casa della Carità di Milano), presentato da Franco Riboldi, ma, per citare una diversa esperienza, ( purtroppo ieri non citata) anche Misericordia-Biavati di Bologna;

2 quello pubblico-istituzionale, più di tipo sanitario, delle Ausl,dell’Emilia Romagna, dove l’integrazione socio-sanitaria è ricercata sopratutto nel rapporto con i Comuni;

3 quello del cosiddetto Terzo Settore a prevalente presenza cooperativa ( sostenuto dalle coop sociali)

4 quello ‘laico’ di tipo britannico (delle Dottor Surgery), basato sul  Health Connect ( qui abbastanza ignorato)

Detto ciò, ecco i miei appunti scritti durante il convegno (assolutamente disordinati):

– C’è un pericolo di burocratizzazione e medicalizzazione delle case della salute (che spiega la loro ‘complessità ‘), cioè di istituzionalizzazione, sempre presenta;

– Bisogna evitare che diventino oggetto di ‘business sociale’ delle varie coop (farcendo l’incontro con forme vere di volontariato)

– può essere un salto di paradigma dalla sanità alla salute (Rizzo Nervo) se i modelli 1,2 trova una autentica integrazione, come detto da Franco Ribodi: casa della salute e non della sanità, nasce da gruppi informali che si confrontano con le istituzioni ( manifesto ‘salute e bene comune’ proposto dallo stesso Riboldi) : casa di comunità. La casa della salute come azione di comunità: diritti doveri e partecipazione. Welfare di comunità. Luogo in cui i protagonisti della comunità partecipano. ‘Luogo dei Luoghi’ ‘Non è luogo dell’esercizio del potere’ [ espressione molto bella]. Le case della salute possono essere anche sussidiarie, a gestione Ausl, ma anche comunale o del privato sociale ( Casa della carità di Milano.). Si veda prima tabella presentata da F Riboldi.

[io valuterei anche esperienze ‘laiche’ – Tipo inglese, modello 4 – Basate su una forte riduzione della componente burocratica, ad esempio ad accesso diretto e semplice X tutti: da me sperimentata personalmente per una settimana di malattia a Nord di Londra]

Emilia Romagna: risultati importanti:

– 80 case della salute in ER , soprattutto Parma, Reggio, Bo ( si veda seconda tabella presentata da Assessorato alla Salute della Regione ER)

– 1293 MMG 43%, 271 pediatri 44% , presentata esperienza iper strutturata di  Copparo

Occorre ‘un software’ ? No, il problema è mal posto: occorre che tutto il progetto rientri nell’epocale cambio del medium: il passaggio dalla sanità dei certificati cartacei a quella dematerializzata, all’e-Health, al FSE e al Dossier Sanitario, creando il Fascicolo Socio-Sanitario elettronico (FSE) per le Case della Salute [ perché nessuno dei relatori del convegno pare conoscere l’FSE in una regione che per prima l’ha realizzato?]

– le C. della S. sono hub di molti PDTA ( percorsi diagnostici terapeutici assistenzial) e di  

  

 medicina medicina d’iniziativa con infermieri [ anche qui occorre misurarsi con la ‘dematerializzazione dellle informazioni di salute collegando PDTA e FSE]

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